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QUEL LUOGO IN NESSUN LUOGO

Metaverso, questo sconosciuto: una metafora magnificata della realtà, un luogo immaginario generato dai computer dove rifugiarsi per fingere di essere migliori di quello che si è. Questo l’aspetto più seducente e nello stesso tempo demoniaco del tanto citato universo virtuale che dovrebbe in un futuro molto prossimo potenziare Internet, instaurando una rete super-pervasiva di mondi virtuali in tre dimensioni, creati simultaneamente da un numero praticamente infinito di persone sul pianeta. Si profila così all’orizzonte una rete di agorà, anzi un’agorà illimitata, diversificata e infinitamente sincrona, in cui a incontrarsi saranno milioni di avatar che saranno progressivamente capaci di realizzare i sogni dei loro “umani”.

Un progetto ampliamente profetizzato dalla fantascienza e che creerà spazi assolutamente inediti di comunicazione e interazione e che genererà – che già sta generando- una corsa alla conquista delle piattaforme di accesso da parte dei grandi gruppi finanziari. E’ vero che il metaverso potrà offrire grandi opportunità alla scienza, alla medicina, all’educazione, alla ricerca, perfino all’arte, ma è anche vero che quello che prevarrà sarà ancora e sempre l’aspetto monetario nonché di controllo. “La costruzione del metaverso diventerà una battaglia per la conquista delle menti, dell’interno delle persone” afferma l’artista digitale Aurea Harvey. La cita Gabriele Simongini nel catalogo della interessante mostra romana Ipotesi Metaverso di cui è il curatore, e che è in corso a Palazzo Cipolla fino a fine luglio.

E che cosa c’è di nuovo? Non abbiamo già tutti la netta sensazione che, attraverso i nostri dispositivi quotidiani (pc, cellulare…), sia già in atto un controllo diffuso quanto implacabile sulle nostre scelte, sui nostri gusti, sui nostri contatti, sulle nostre interrelazioni? Nonché un sottile condizionamento dei nostri pensieri e delle nostre opinioni? E’ bene sapere che il metaverso comporterà una sempre maggiore seduzione nei confronti della realtà virtuale e della realtà aumentata e, contemporaneamente, una sempre maggiore “trasparenza” delle nostre persone reali allo sguardo del grande fratello. Della cui esistenza reale o virtuale – ormai non c’è differenza!- davvero nessuno potrebbe più dubitare.

C’è dunque di che entusiasmarsi e contemporaneamente di che spaventarsi ( o quanto meno di che interrogarsi), ma contemporaneamente c’è anche da ridimensionare il grido di meraviglia di fronte a questa Internet del futuro. L’idea, che ci appare nuovissima grazie al contagio con le tecnologie digitali, con le intelligenze artificiali, con la blockchhain e quant’altro, non è che la versione 4.0 di una naturale, eterna inclinazione dell’animo umano.

Che cos’era infatti per gli antichi il mito di Atlantide se non un metaverso opportunamente sprofondato nel mare dove immaginare concentrati (e a distanza di sicurezza dalla vita reale) tutti i modelli di civiltà ideale? Che cos’era Utopia per Tommaso Moro, se non il sogno di un’isola felice  (“ottimo luogo in nessun luogo” ) dove i rapporti erano regolati dalla cultura? E che cos’era la città del Sole di Tommaso Campanella, i cui abitanti non conoscevano gli egoismi, gli orrori della guerra e della fame, al pari degli avatar dei nostri metaversi che non devono fronteggiare i limiti delle leggi fisiche? Da sempre l’uomo ha immaginato altri mondi felici in cui rifugiarsi per sfuggire alle ansie della vita: in letteratura, nelle arti figurative…

La mostra romana si apre infatti con la citazione di due visionari artisti figurativi dei secoli passati, entrambi fautori di mondi ideali:  Giovanni Battista Piranesi (XVIII secolo) e Maurits Cornelis Escher (XX secolo). Ciascuno a suo modo, ci hanno mostrato luoghi possibili e impossibili nello stesso tempo (gli strani ambienti di Escher, le Carceri di Piranesi), sfide per l’immaginazione e per l’intelligenza, giochi da protrarre all’infinito…
La sostanziale differenza con tali visioni del passato è che le immaginazioni di oggi sono governate da tecnologie a doppio taglio: da un lato offrono, dall’altra sottraggono. Da un lato ci aumentano  – mettendoci potenzialmente in connessione illimitata col resto del mondo – dall’altra ci rimpiccioliscono. Non c’è molto di nuovo dunque alla base del metaverso, salvo un agghiacciante dettaglio: perfino la fantasia, l’ultimo baluardo della nostra libertà interiore, sta rischiando oggi di finire nel monopolio dei prossimi padroni del mondo. E purtroppo ciò sta per avvenire nostro malgrado, ovvero senza che ce ne accorgiamo.

Sarà certamente eccitante allora entrare in questi nuovi mondi sempre più colorati e rutilanti – come in parte già accade nella rete – ma sarà tanto più prudente conservare la capacità di creare mondi immaginari solo nella nostra mente, a nostro esclusivo uso e consumo. Le vecchie fantasie capaci di staccarci dal mondo reale saranno anche operazioni politicamente scorrette, ma imarranno comunque i viaggi più eccitanti, soprattutto in quanto manterremo ancora noi la facoltà di decidere se condividerli e soprattutto con chi. Ricordando sempre quanto scriveva Beaudelaire a proposito del diavolo: la sua peggiore diavoleria consiste nel farti credere che non esiste.

 

26 maggio 2023

 

 

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