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QUELLA SOTTILE DIFFERENZA

Pensavo all’orgoglio fintamente “al passo” con cui qualcuno notava, qualche tempo fa, come fosse bello non riuscire a capire fra i due cantanti Mahmood e Blanco (vincitori di Sanremo 2022) chi fosse omosessuale e chi eterosessuale. Certamente di progressi di civiltà ne sono stati fatti tanti, in materia. Da quando gli omosessuali venivano derisi, emarginati o addirittura processati, messi al bando e reclusi… di strada ne è stata fatta. Per fortuna. Oggi tutti hanno pari dignità, indipendentemente dai loro gusti sessuali.

Ribadire l’uguaglianza universale però non significa tapparsi gli occhi di fronte alle differenze. Al contrario. Per questa strada la carota si trasforma in bastone, ma nessuno lo capisce. Ci hanno rimpinzati con le rassicurazioni che a tutti va garantito il diritto di essere ciò che siamo. E ci mancherebbe altro. Ma di qui a cancellare i generi maschile e femminile (vogliamo aggiungere anche il neutro? Perché no? In fondo è previsto perfino nell’antico greco, nel latino, nel tedesco contemporaneo; qualcosa vorrà dire)… di qui a cancellare i generi il passo è lungo e anche sospetto. Sostituire ai diversi generi l’unico genere “umano”, al di là dell’efficacia pubblicitaria  nella campagna per l’uguaglianza universale, accende il sospetto di un terribile piano di omologazione cosmica. Se il fine è creare un’umanità di androidi, un esercito di uguali (né maschi né femmine, né bianchi né neri, né deboli né forti, né simpatici né antipatici), tutti  alle dipendenze di un’unica mente ordinatrice, allora accettiamo allegramente la scomparsa dei generi ma, con essa, anche la scomparsa di tutte le altre infinite differenze che identificano, qualificano, e soprattutto responsabilizzano ciascun abitante del pianeta terra ad essere precisamente se stesso e non un altro. L’umanità ha affrontato guerre e rivoluzioni sanguinose per non sottostare a poteri totalitari che marchiavano le persone con numeri, e ora non vediamo che la deriva è precisamente la stessa, in nome di un male inteso senso di emancipazione e di libertà?

Un conto è l’uguaglianza, tutt’ altra storia è la massificazione o la numerificazione, e chi le confonde è in mala fede. Non serve impastarci gli uni con gli altri per godere di pari diritti. Io mi sentirò davvero uguale a un altro quando potrò permettermi di essere diversa da lui. Nel reciproco rispetto e nella tutela di entrambi. L’uguaglianza non si basa sulla cancellazione delle differenze (cancel culture, che terribile invenzione!) , ma al contrario proprio sul loro riconoscimento. La distinzione è sottile. Non vederla significa, per tutelare alcuni, violentarne molti altri. Significa, per la paura di non riuscire a sopportare le differenze, illudersi che non esistano. E fare campagne per convincere tutti  che non esistono. Per questa strada, per la paura di non riuscire a reprimere il proprio razzismo “naturale”, oggi c’è perfino chi arriva a negare l’esistenza delle razze. Mente sapendo di mentire! Chi vuole prendere in giro? In questo modo non si fa altro che spostare il problema! Va bene il riscatto di chi è stato fino a ieri ingiustamente emarginato, ma che non avvenga a scapito della mia identità. Per non offendere l’omosessuale io non voglio arrivare a vergognarmi della mia eterosessualità, né tanto meno dimenticarmi di essere una donna. Per non dare del negro al negro – e scientemente scrivo “negro”- non posso e non voglio fingere di non essere bianca!

E per tornare a bomba. Anche il fatto che qualcuno esulti del non saper rispondere fra i due cantanti chi è etero e chi no, mi preoccupa parecchio. Perché, per non saper rispondere, deve essersi posto quella domanda. Una domanda, o per meglio dire una pruriginosa curiosità, che, se fossimo davvero al passo come pretendiamo di essere, non dovrebbe nemmeno sfiorarci.

4 febbraio 2023

 

 

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