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RISPETTOSAMENTE CHIEDO

Per la Chiesa cattolica il mese di ottobre è dedicato alla Madonna del Rosario. La devozione a Maria è tra le più diffuse nella cattolicità, come pure nella chiesa ortodossa.

Ho conosciuto la Vergine quando ero molto piccola, grazie alle mie devote zie. “La mamma di tutti”, mi dicevano, insegnandomi l’Ave Maria. Però non capivo quelle parole e tanto meno l’appellativo “Vergine”, se non in un senso molto generico: in quanto madre di Gesù, mi dicevo che doveva essere una donna molto “pulita”, più di una santa insomma. Fin da bambina non sono mai riuscita ad abbandonarmi alla fede, nonostante gli sforzi delle zie. Tra le altre cose, mi avevano regalato una Madonnina bianca contenuta dentro una teca di platica trasparente: la pregavo quando avevo la febbre perché mi facesse guarire, ma non mi sembrava da parte mia un atteggiamento troppo disinteressato. Forse non ero degna. Non tanto di guarire, quanto di avere una fede “pulita”. Vergine, appunto.

Comunque ripetevo a pappagallo quelle parole: “Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te… Tu sei benedetta tra le donne e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù…” Fin quando, ormai ragazza, riconobbi in quella prima parte della preghiera l’annuncio dell’angelo circa la futura, divina maternità.
E fu allora che cominciarono le domande.
A scuola avevamo appreso il mito della nascita di Romolo, figlio del dio Marte e della vestale Rea Silvia. C’era qualcosa che accomunava la storia di sangue e conquista di Roma con la promessa cristiana della redenzione. In entrambi i casi all’origine c’era un concepimento straordinario, frutto dell’incontro fra una divinità e una donna pura.

La questione continua a disturbarmi.

Non so nulla di teologia e sono agnostica, tuttavia, benché agnostica, la mia cultura è radicalmente cristiana e io confido ancora e sempre in un’illuminazione improvvisa, oltre a riconoscermi profondamente nei valori evangelici. La domanda che mi tormenta da anni, e che giro qui rispettosamente a mariologi, teologi e amici sacerdoti è questa: non è inquietante l’analogia fra lo Spirito Santo e Maria da una parte e Marte e Rea Silvia all’altra?

A molti la domanda apparirà banale se non blasfema, perché in questo modo io di fatto finisco per affiancare lo Spirito Santo a una divinità pagana e la beata Vergine a una qualsiasi fanciulla di origini troiane. E mi si dirà che, mentre Marte non andò per il sottile e stuprò la futura madre di Romolo e Remo, Maria Vergine rimase appunto vergine, grazie a tutt’altro intervento da parte dello Spirito.

Ma la questione che per me resta irrisolta e fonte di turbamento è proprio la parentela antropologica fra i due racconti, quello pagano e quello cristiano. E’ vero che ad esempio tutta la storia dell’architettura cristiana si basa su fondamenta pagane: lo stesso termine “basilica” ha origini laicissime, riferendosi alla dimora del re. Così come è vero che tutta la cultura cristiana conserva nel suo DNA la radice classica: basti pensare quanto furono studiati Platone e Aristotele dagli stessi pensatori cristiani nel medioevo.

Eppure…

Eppure il fatto di avere all’inizio di entrambe le storie due unioni così straordinarie di stampo analogo continua a turbarmi. Teoreticamente mi turba: volendo considerarlo un dio in terra, ma pur sempre un uomo, si attribuirono a Romolo una madre umana ma pura, e un padre divino. Furono sempre gli antichi a inventare infatti lo status di “semidio”. E Gesù? Non è riduttivo ricorrere a una analoga “procedura”? Se questo “particolare” del suo concepimento “anfibio” (mi si passi il termine) a metà fra umano e divino, è ritenuto dogma o verità rivelata, mi piacerebbe sapere se qualcuno si sia mai interrogato come me e prima di me su questa corrispondenza con un mito di stampo tanto diverso. Un conto è costruire una basilica cristiana sui resti di una basilica pagana. Altra faccenda è erigere un monumento teologico sulle sabbie mobili di una mitologia primitiva quanto pretenziosa.

Non voglio essere irrispettosa verso chi crede con convinzione, ma mi piacerebbe davvero che qualcuno mi aiutasse a sciogliere questo dubbio sull’ imbarazzante parentela del mistero dell’incarnazione con un puerile mito della classicità. Ci saranno infinite risposte al perché il Messia non poteva incarnarsi direttamente in un palestinese qualsiasi, senza scomodare la Vergine e lo Spirito Santo.  Però se a Dio tutto è possibile, avrebbe potuto creare suo figlio marcandolo di altrettanta purezza e trascendenza anche a partire da un qualsiasi figlio del popolo dai natali uguali ai nostri. Un po’ come succede in chi smania di diventare genitore: non c’è bisogno di ricorrere alla fecondazione in vitro o a complicati artifici di manipolazione genetica. Basterebbe adottare uno dei tanti figli di nessuno in giro per il pianeta e “benedirli” con un amore altrettanto disinteressato e puro.

A meno di voler considerare altrettanto “mitologica” l’incarnazione nel ventre della Vergine. Ma temo che questa sarebbe solo una bestemmia.

Aiuto. Le domande e i dubbi non finiscono mai, a riprova del mio agnosticismo a briglia sciolta. Che però, paradossalmente, è un agnosticismo …in buona fede, di un’agnostica che la fede non l’ha persa, ma che piuttosto non l’ha mai trovata …ancora prima di mettersi a cercarla.

Di qui il permesso – che mi sono presa da sola- di porre la questione. E di porla con tutta la delicatezza dovuta a temi che sfiorano i sentimenti di tante persone. Però il gesto dell’Annunciata di Antonello da Messina mi ammonisce comunque. Quella mano destra alzata come a voler placare qualsiasi elucubrazione intellettualistica o libresca mi tappa la bocca.  Ma del resto, se lei è davvero la mamma di tutti, potrà perdonarmi.

“Prega per noi peccatori” recita l’Ave Maria. “Adesso e nell’ora della nostra morte”.

Nell’ora della nostra morte, ma soprattutto adesso. Nell’ora delle nostre domande.

 

 

 

15 ottobre 2023

 

 

 

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