Per ascoltare invece di leggere:
Stamattina mi sono scontrata con l’imprevista constatazione che non solo l’abito fa quasi sempre il monaco ma che la divisa crea automaticamente il castigatore.
Come alcuni sanno, ho lavorato per quarant’anni in Vaticano. Stamattina, in qualità di pensionata, entro dentro lo Stato per sbrigare due affari di ordinaria e lecita amministrazione (ritirare un referto medico e denunciare alla gendarmeria il furto di una tessera).
Chi conosce lo Stato della Città del Vaticano sa che gli ambulatori e la gendarmeria si trovano agli antipodi e che per andare da un punto all’altro, è necessario attraversare tutto lo Stato. A meno di non uscire da porta sant’Anna, affrontare il traffico romano, infilare via Porcari, girare a via della Traspontina, tagliare via della Conciliazione, recuperare Borgo Santo Spirito, passare davanti la Chiesa di santo Spirito in Sassia, accerchiare il colonnato e rientrare dall’ingresso adiacente all’Aula Paolo VI.
Sentendomi di casa e avendo già compiuto infinite volte il percorso interno, scelgo ovviamente di attraversare lo Stato. Chi lavora o ha lavorato in Vaticano sa che lungo il tragitto da un lato all’altro ci sono almeno quattro posti di blocco, con efficienti gendarmi armati di paletta. Mi fermo, mi identifico, mi danno regolarmente il via. Arrivata a mezza costa del colle, presa da un attacco di nostalgia, decido di allungare il giro e di spingermi fino alla Palazzina Leone XIII, dove iniziai la mia carriera tanto tempo fa, per godermi il profumo dei fiori e dell’erba appena tagliata. Siamo nel cuore dei Giardini… L’idea è quella di ridiscendere verso la gendarmeria (che si trova vicino a casa Santa Marta) sbirciando verso la Palazzina Marconi, assediata di turisti, dove si trova il Museo della Radio e dove tornerò in visita tra qualche giorno. Decine e decine di persone passeggiano per i viali e lungo le rigogliose aiuole…
Improvvisamente un clackson alle mie spalle: auto della gendarmeria. Si affianca. Una giovane guardia, accanto al guidatore, si affaccia dal finestrino:
-Ma dove crede di andare se non sa la strada? Faccia marcia indietro, mi segua.
-Scusi cosa ho fatto? Io non saprei la strada?
-Non si può entrare nei giardini. Lei ha agito con malizia.
Lo seguo. Ubbidiente. Sarà nato diversi anni dopo quelli in cui io lavoravo qui e passeggiavo per questi viali senza malizia. Vorrà arrestarmi? Se non si può entrare nei giardini se ne può, anzi se ne deve uscire. Uscendone, al suo seguito, io me li godo comunque tutti, anche quelli che affiancano il Collegio Etiopico e che sovrastano la stazione ferroviaria. Un giro ancora più lungo di quello che avrei compiuto io. Beh, grazie tante. Davanti alla stazione ferroviaria l’auto della gendarmeria si ferma e il giovane dal finestrino mi invita ad affiancarmi per riaprire il discorso e ribadire:
-Non si può entrare nei giardini. Lei ha agito con malizia.
-Vuole farmi il processo alle intenzioni? Ho lavorato per 40 anni qui dentro e nessuno me lo ha mai detto.
-E’ lo stesso (Traduzione: chisseneimporta dei quarant’ anni). Non si può entrare nei giardini.
-Senta. Pochi minuti fa ho passato quattro posti di blocco. I suoi colleghi mi hanno identificata e nessuno mi chiesto dove andassi. E per quale strada. Non ci sono cartelli, divieti, sbarre automatiche, passaggi a livello, cavalli di frisia o posti di dogana.
-Dove va?
-Nel vostro ufficio, dove parlerò di lei. Poi deve spiegarmi dove iniziano e dove finiscono i giardini, visto che qui dentro è tutto un giardino. Per andare da un capo all’altro dello stato bisogna attraversarli per forza.
-Lei non è autorizzata.
-Nessuno mi ha chiesto di farmi autorizzare. Io invece le chiedo, le consiglio, le raccomando, per rispetto del suo ruolo, del mio, della mia età, del mio sesso e del luogo dove ci troviamo, di rivolgersi alle persone (tutte) con un tono più umile e più cortese.
-Mi scusi.
Gli ho risparmiato il “lei non sa chi sono io”, che sarebbe stato bene in bocca a chiunque dei miei colleghi, in servizio o in congedo, uomini o donne, giovani o vecchi, di qualsiasi livello. Alla gendarmeria ho riferito l’episodio. E preciso qui che il tipo era di ronda in auto con un collega tra le 10.30 e le 11.15 di questa mattina.
E’ automatico, inevitabile, naturale. Entrando dentro una divisa, il pivello più grazioso e innocente si trasforma in un drago, o meglio in un Mister Muscolo ignorante e volgare.
Eppure la gendarmeria vaticana ha compiuto e compie valide imprese nell’accompagnamento delle trasferte dei pontefici, nei controlli di sicurezza durante udienze e funzioni pubbliche, oltre a vantare una importante storia secolare avendo contribuito per esempio a contrastare l’avanzata delle truppe savoiarde che, pian piano, invasero l’intero Stato della Chiesa, fino alla presa di Roma nel 1870 Alloa il Papa si ritirò in Vaticano e circa cento gendarmi continuarono a esercitare la sua difesa all’interno delle mura fino ai Patti Lateranensi del 1929.
Forse nel DNA di questi poliziotti è ancora radicato -chissà da chi instillato- l’anacronistico concetto di difesa del territorio? Ancora, dalla fine dello stato pontificio, sono addestrati a vigilare sui confini? Ed è davvero necessario per questo sospettare di una pensionata munita di regolari documenti di riconoscimento? O non sarà piuttosto che ragazzini come il maleducato da me incontrato stamattina non si è ancora stancato di giocare a soldatini? Francamente pensavo che i ragazzi di oggi avessero cambiato passatempi.
Il precedente pontificato ci ha abituati a veder smantellate certe strutture ormai vetuste. L’esito è stato un caos e non vorremmo certo veder smantellata anche la gendarmeria vaticana. Ma un corso d ifair play nello stile del nuovo papa sarebbe da raccomandare alle nuove reclute. Dico ciò senza malizia.
12 giugno 2025
Antonino D'Anna
Un mio amico ha sempre sostenuto che in Italia chiunque abbia un minimo di potere si sente investito del comando assoluto. Vedo che questo virus è arrivato pure in Vaticano. Mah.