Per ascoltare invece di leggere:
Festival d Sanremo: proprio impossibile non parlarne. Mi ero ripromessa di ignorare il fenomeno, ma evidentemente fa parte della sua forza attrattiva costringere chiunque, favorevoli e contrari, a riservarvi in ogni caso un pensiero. L’unica realtà che unisca veramente l’Italia, più ancora delle imprese della Nazionale di calcio, decisamente più delle sorti dei nostri agricoltori vessati dalle stringenti norme europee, e ancora più, per esempio, della consapevolezza circa quanto costi al debito pubblico continuare a sostenere la guerra in Ucraina.
Sarà per questo che sulla manifestazione arrivano, mischiati a lustrini e canzoni, riferimenti obbligati, quanto strepitosamente di facciata, a temi spesso drammatici del momento. E così chiunque, da quel palco, si sente in dovere di pontificare, di mostrarsi avvertito e consapevole fino alle lacrime: violenza sulle donne, morti sul lavoro, destino dei profughi di guerra, guerre, riscaldamento globale, liquidità sessuale, malattie personali esibite come trofei…
Forse gli italiani sono un popolo semplice, ma sembra che tutti apprezzino. Anzi, gongolino. Che amino sentirsi coinvolti nei vari drammi di cui sopra tra una canzone e un siparietto comico. E che si sentano saziati da questo tipo di coscienza civile dolcificata dalla musica e da quattro battute.
Io invece preferirei che non si usasse la musica per abbindolare la nostra già scarsa coscienza politica. Che si coltivasse semmai meglio il nostro gusto musicale, visto che il Festival di Sanremo sarebbe una manifestazione musicale, pensata per questo.
Concentratevi sulle canzoni, vi prego, che è la cosa che in Italia sappiamo fare meglio. Fossero anche canzoni impegnate che parlino di violenza, drammi esistenziali etc. Concentratevi sulla leggerezza, che non è poco: sulle battute, sulla preparazione dei musicisti, sulla varietà delle proposte, sui costumi, sulla scenografia.
Insomma siate seri, fateci ridere. E basta. E lasciate i drammi a chi li vive, senza sentirvi in colpa di mettere su solo una rassegna di canzoni, senza camuffare la spesa spropositata di quello show con il riferimento consapevole ai temi seri del nostro tempo.
Lo sanno tutti che su quel palco, nonostante le migliori intenzioni, i drammi veri finiscono per diventare melodrammi. Anzi canzonette. Durata massima tre minuti.
9 febbraio 2024
Gabriella
Cara Laura
vorrei dirti il mio pensiero, abbastanza lapalissiano ma esprimerlo.
Sanremo, fin dagli anni 80 con Aragozzini e Pippo nazionale, è diventata a mio parere, non più solo il Festivsl della canzone italiana, ma il Festival di un mega show di Rai Uno, la rete ammiraglia, come la chiama ancora Amadeus, usando un aggettivo alquanto obsoleto.
È da più di quaranta anni, quindi, anche una importante vetrina promozionale molto efficace per sponsor, che fanno a gara per aderire, una vetrina per tematiche sociali, politiche, di attualità, di sport, di drammi umani, come hai detto tu,
che vengono viste oltre che dagli italiani anche da moltissimi paesi europei e oltre oceano, grazie alle varie piattaforme, quindi Marketing che stimola tutti i settori delle tendenze (trend ) del momento.
Quindi, la musica, le canzoni, la gara , restano il motore, forse,
ma il Festival ormai diventa stimolo e spunto di scelte accurate, che crea uno stordimento psicologico per chi vi assiste dal vivo e un interesse da casa anche per chi non ama la musica. Comunque anche negando, come fanno moltissimi nel dire che non lo vedono, sono certa che alla fine sono pochissimi gli italiani che non si affacciano a sbirciare la vetrina sanremese, i maggiori detrattori di musica italiana lo fanno per tutto il resto, perché alla fine Sanremo è E resterà Sanremo.
Io per esempio, se il Festival fosse solo di canzoni lo vedrei per un’ora e mezza al massimo..,