Per ascoltare invece di leggere:
Montesquieu è morto, credevamo di saperlo con certezza. Invece era vivo fino a qualche tempo fa, ma oggi le sue idee sono definitivamente disintegrate. La vecchia tripartizione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) pensata per evitare ogni rischio di despotismo ha ormai palesemente fatto il suo tempo. Forse perché anche il vecchio dispotismo ha fatto il suo tempo. Nel senso che ha assunto forme nuove, più camuffate e più insidiose. Inoltre oggi è davvero difficile capire chi fa le leggi e in nome di cosa, come le applica chi le applica, e chi davvero persegue chi le viola. E’ davvero difficile accettare che i famosi tre poteri vigilino reciprocamente o non siano passati a contrastarsi alla luce del sole.
Il dubbio è lecito? Lo chiedo a “chi sa di diritto”. Dopo la famosa lettera a Il Messaggero del sostituto procuratore di Cassazione Marco Patarnello viene da pensare che il potere giudiziario si stia tirando fuori dal proprio ruolo. O meglio: che gli attuali rappresentanti del potere giudiziario (o meglio che almeno UNO dei rappresentanti del potere giudiziario, Patarnello ) siano stanchi del proprio ruolo super partes, della propria posizione nella “santa trinità” illuministica e illuminata di cui sopra.
Quella lettera, più che grave, è fin troppo ingenua nelle sue intenzioni politiche. Come se i magistrati, in una sorta di delirio di onnipotenza, ormai non sentissero neppure più il bisogno di camuffare le proprie idee dietro accanimenti giudiziari spesso pretestuosi o sentenze pubblicate al momento giusto, ma fossero in diritto di chiamarsi apertamente a raccolta nella loro resistenza a un potere ritenuto tirannico e pericoloso.
Sta per nascere “il partito dei magistrati”? Lo chiedo sempre a “chi sa di diritto”. E nel caso nascesse davvero, costoro si chiamerebbero sempre “magistrati”? E se fossero impegnati nell’agone politico, nel contrastare un potere ritenuto tirannico, lo farebbero ancora e sempre con lo stesso potere di giudicare e condannare, tramite lo stesso disinvolto uso di sentenze e condanne come armi politiche, prostituendo in pratica la giustizia a alle loro idee?
E se invece questo potere fosse loro tolto, affinché potessero esercitare una normale, corretta attività politica, chi lo eserciterebbe in vece loro? Dovrebbe essere nominata un’altra classe di magistrati? E chi ci metterebbe al riparo dalla possibilità che anche questo secondo manipolo si facesse tentare dalla seduzione della politica, aderendo al partito dei loro ex colleghi?
Di nuovo la vecchia questione: chi controlla i controllori? E in uno stato in cui i controllori si arrogano il diritto di far prevalere le proprie idee sull’esercizio della giustizia, usando la seconda come alibi per imporre le prime, dove finisce la giustizia? E dov’è il confine fra controllo e ideologia?
La giustizia degli uomini è per definizione imperfetta, si dirà. Ma a questa imperfezione non c’è proprio alcun rimedio?
“… il pericolo per una magistratura ed una giurisdizione davvero indipendente è altissimo”, scrive Patarnello. Ha ragione, è veramente altissimo, poveri noi. Soprattutto se i giudici si coalizzano per combattere l’odiata presidente del consiglio in quanto “non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi personali ma per visioni politiche”. “E questo la rende molto forte”. Se non fosse scandaloso il motivo di questa chiamata alle armi, sarebbe grottesco.
I tempi di Montesquie erano i tempi dei sovrani assoluti, dei parrucconi e delle corti dorate. A quanto pare della giustizia oggi sono rimaste soltanto le parrucche.
25 ottobre 2024