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SONO COME IL SIGNOR SPOCK

Per ascoltare invece di leggere:

Soffro di iperacusìa. E’ una strana sindrome, una malattia rara. (Inflatium Auris Officium Syndrome).

In ambito scientifico nessuno ne sa molto e io ne parlo pubblicamente per la prima volta, dal momento che comporta in chi ne soffre una serie di invalidanti problemi.

Mi sono sempre immaginata che ne potesse essere affetto anche Gesù. Non ho certo la pretesa di assomigliargli, piuttosto ho sempre pensato che nel suo caso questa particolarità potesse rappresentare una scomoda eredità di suo padre, un “avanzo di divinità” sotto forma di residuale super-potere. Perché l’iperacusìa altro non è, volgarmente spiegata, che un super-potere.

Se Goldrake ha le lame rotanti e l’alabarda spaziale, se Superman si libra nello spazio, se l’Uomo Ragno ha capacità di precognizione e Silver Surfer può viaggiare più veloce della luce, io ascolto troppo. Incluso quello che non dovrei, che nessuno dovrebbe.

Scrivo “ascolto” ma dovrei scrivere “sento”, perché l’ascolto dell’iper-udente finisce per investire anche gli altri sensi, soprattutto il sesto.

L’iperacusìa non ha niente a che vedere con lo spocchioso “orecchio assoluto”, selettiva capacità di riconoscere le frequenze dei suoni a un primo ascolto, solitamente appannaggio di concertisti e direttori d’orchestra. Se l’orecchio assoluto è fortemente e dottamente esclusivo, l’iperacusìa consiste in una esposizione globale, simultanea e soprattutto indifesa a molteplici fonti sonore, indifferentemente vicine o lontane. Entrano pertanto nel raggio acustico dell’iper-udente, sovrapposti fra loro ma sempre distinguibili l’uno dall’altro, decine e decine di stimoli, dai più potenti ai più flebili. Frullo d’ali di mosche, aliti di vento, tuoni in distanza, gorgoglii negli stomaci altrui, ticchettii di orologi, scricchiolio di penna su carta, rubinetti lasciati aperti al piano di sotto… ma soprattutto emozioni.

E’ ancora ignoto in base a quale criterio di alternanza o precedenza tutti questi stimoli si mescolino fra loro e raggiungano la mia corteccia cerebrale mantenendosi perfettamente riconoscibili in una partitura altrettanto decifrabile. Per noi iper-udenti non esiste riparo al rumore. Non esiste silenzio.

Sì, lo so che anche nel quarto di mondo che abitiamo è molto difficile oramai trovare isole di quiete, riparate dal frastuono di quella che qualcuno ha definito la seconda modernità, fragorosa di macchinari e invadente di chiacchiere. Ma io non troverei pace neppure dentro un monastero in cima a una montagna o nel profondo di una grotta a ridosso del centro della terra.

All’inizio penai a una emicrania particolarmente “originale” che per qualche momento o giornata mi dava tregua. Avevo vent’anni, ascoltavo i Chicago e Eric Clapton, gli America e Elton John: quello che mi tormentava il timpano poteva inizialmente confondersi con gli accordi di Terry Kath o di Carlos Santana. E con l’eco di quella maledetta scarica di mitra della mattina del 16 marzo 1978. All’epoca abitavo non lontano da via Fani, dove avvenne il sequestro Moro.

Negli anni, tra gli onnipresenti acufeni si sono fatti avanti, rivelandosi per quello che veramente erano, gli stimoli più autentici e potenti di tutti: le emozioni degli altri.

Mi piovono dentro l’orecchio incondizionatamente, perché è l’orecchio l’organo che abbiamo più vicino al cuore. Non ho scampo. Le emozioni degli altri per me hanno un suono, una voce, anche se nessuno mi parla. No, non leggo nel pensiero, non ho poteri divinatori, ma le verità delle persone, siano amiche o sconosciute, mi assalgono come un contrappunto drammatico costantemente in esecuzione. Nel mio orecchio c’è sempre una storia, una confessione, un racconto o una testimonianza a cui non posso non prestare attenzione. E al primo capitolo ne segue sempre un secondo e al secondo un terzo, e così via in una simultaneità che mi stordisce e mi commuove. Io sento tutto, soprattutto quello che le persone non dicono o cercano di dimenticare, incluso quello che vorrebbero nascondere o negare anche a se stessi.

Sospetto che nell’idea degli sceneggiatori della fortunata serie di Star Trek, anche il signor Spock, grazie alle sue memorabili orecchie a punta, soffrisse di questa misteriosa sindrome, da cui si difendeva con quella apparente impermeabilità a qualsiasi sentimento umano. Io sono come lui. Dunque non fidatevi se appaio distaccata o distratta. Faccio finta di non sentire, di non vedere, e cerco anche di non parlare. Ma quello che soffrite lo soffro anche io, nel bene e nel male. Per questo nessuno mi deve scuse, spiegazioni o promesse. Sento anche quelle, prima che chiunque le pensi.

 

11 marzo  2024

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