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TRA CONTENITORE E CONTENUTO

Dopo una due-giorni al primo sole di Sicilia sull’isola di Favignana, sono passata per Palermo prima di rientrare a Roma con un solo desiderio: visitare la Cappella Palatina. Sapevo che mi sarebbero bastati pochi minuti. Non i minuti calcolati dalle pedanti guide e riservati alle urticanti comitive di turisti, no, grazie. Giusto i minuti (pochissimi) sufficienti a un credente per dire una preghiera. E io non sono credente.

Se entri con questo spirito in certi luoghi di culto, con questo solo umile desiderio e soprattutto disarmato di macchine fotografiche, avrai la stessa sensazione di un tuffo in mare. Ti tuffi nel turchese di una caletta del Mediterraneo e per un istante ti manca il fiato. Fa freddo, fa caldo, sei vivo, sei morto… Non sai più dove sei. Entri nella Cappella Palatina e ti capita lo stesso: per un istante non sai più dove sei.

Vorresti silenzio, un certo silenzio, che purtroppo non c’è. Vorresti spazio intorno, perché questi luoghi sono nati così, nei secoli, per celebrare lo spazio, anzi il vuoto, ma purtroppo non c’è. Al diavolo la prossemica. Il turismo di massa ci impedisce di essere soli di fronte ai capolavori. Per molti è una fortuna, per me una bestemmia. Entrate contingentate? Uno alla volta? E perché no. Chi entra nella Cappella Palatina dovrebbe poter essere solo. Privilegio di fatto impensabile. Però lasciatemi sognare. Del resto solo di fronte al vuoto, solo dentro uno spazio progettato proprio per evocare il vuoto, si può azzardare il pensiero di Dio. E io non sono credente.

Una cappella dentro un palazzo. Una cosa da ricchi: i re normanni non dovevano neppure uscire di casa per osare quel faccia a faccia con il Padreterno. C’è qualcosa di segreto infatti nelle modeste dimensioni di questo “spazio”, il senso di una scatola destinata a contenere (velando e rivelando) un gioiello, che finisce per apparire più preziosa del gioiello stesso: il contenitore che supera in bellezza e in gloria il contenuto. E del resto quale potrebbe essere il degno contenuto di una scatola talmente abbagliante? Tu che preghi? O appunto Dio, il Grande Assente?

La prima chiesa che precedette questa fu non a caso sotterranea. Come se per cercare Dio fosse appunto necessario nascondersi. In parte lo è ancora. Forse sì, forse no, forse la memoria delle catacombe. Se cerchi Dio sei comunque un diverso. E poi, invece, all’improvviso, dopo e nonostante il nascondimento, quell’enfasi di oro, marmi, tessere, archi, scene bibliche, volti di santi, dettagli studiati a costruire un motivo, un decoro, un’immagine, per arrivare a Cristo creatore di ogni cosa. E io che non sono credente.

Però all’uomo posso, devo credere. All’uomo e agli uomini passati di qui, autori di tanto splendore: i re normanni, gli operai bizantini, la manodopera egiziana, gli architetti aragonesi, i marmisti siciliani, i restauratori spagnoli: tessera dopo tessera, riflesso su riflesso, pensiero su pensiero e preghiera su preghiera hanno costruito questo scrigno che chiude e apre nello stesso tempo, dentro cui siamo sempre troppi e sempre troppo pochi.

Che contrasti nella storia dell’umanità: le dighe che saltano e non si sa di chi è la colpa, e la bellezza che ti folgora e non si sa di chi è la colpa. Mani su mani, generazioni dopo generazioni, siamo capaci di orrori e di capolavori. Prendere o lasciare. Questo è l’uomo. Tanto in alto rimane sempre lui, il creatore di ogni cosa.

 

 

7 giugno 2023

2 thoughts on “TRA CONTENITORE E CONTENUTO

  1. Antonella Crocetti

    Che dire…mi sembrava di stare lì a contemplare la Cappella Palatina…insieme a te che sapresti darmi tante, tante spiegazioni

  2. Gabriella

    Cara Laura, in merito alle tue sempre coinvolgenti riflessioni, nello specifico mi aggancio alla parte, forse meno nobile delle stesse, che riguarda l’essere d’accordo con te, sicuramente sulle entrate contingentate..al massimo di 10 persone alla volta, così come era stata la mia prima visita alla meravigliosa Cappella Palatina esattamente dieci anni fa…dove era molto semplice impressionarsi per la maestosità, lo splendore e la ricchezza dei mosaici, dei colori, del gioco di luci, filtrate attraverso le otto finestre…e del significato di ogni raffigurazione, perché non si poteva parlare a voce alta, tantomeno fare foto o soffermarsi più di qualche minuto.
    Oggi, senza ombra di dubbio il turismo di massa, anche in un luogo quasi unico in Europa, come la Cappella Palatina, dovuto ancora di più a non avere più rigide regole, dopo le restrizioni per la pandemia, ha, come unico risultato positivo, il poter essere liberi di rimanere quanto tempo più ci aggrada e poter immortalare tutti i mosaici che più ci colpiscono….per esempio la prima volta non mi ero accorta che il CRISTO era raffigurato per tre volte: al centro della cupola, nella calotta absidale, e sulla parete superiore del trono, ritratto con i Santi Pietro e Paolo, ai quali è dedicata la Cappella, e gli Arcangeli Gabriele e Michele.
    Ergo, anche in una situazione, come giustamente descrivi nelle tue considerazioni, amando, l’arte, il luogo, e soprattutto la storia , che è forse anche della cultura della mia terra.. anche questa seconda volta mi ha fatto emozionare e un po’ commuovere… sarà l’età che avanzao comunque farsi coinvolgere e impressionare ancora e ancora, da un’opera così grandiosa che, dopo quasi mille anni rimane e rimarrà una Magnificenza Unica.

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