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TUTTI SE NE VANNO

E’ fatale. Più si vive, più si perde. Tradimenti, dimenticanze, indifferenze, abbandoni, morti: l’elenco delle persone lasciate lungo la strada (o che ci hanno lasciato lungo la strada) si fa sempre più corposo, e la tentazione di intristirsi è forte. Questo elenco sembra per di più direttamente proporzionale al numero degli anni che abbiamo sulle spalle. Dunque la malinconia si raddoppia: nel ricordo di chi non è più nella nostra vita, e nella consapevolezza che stiamo invecchiando e che questi distacchi si faranno sempre più numerosi man mano che procederemo negli anni.

Nella parola “abbandono” c’è forse un origine per metà latina per metà tedesca: AB, preposizione che indica separazione e HAND, mano. Lasciar di mano, smettere di tenere per mano. Penosa sensazione del bambino nel momento in cui  il genitore lo affida a se stesso, lo consegna al suo cammino autonomo, lo spedisce nel mondo.

Quante mani ci hanno lasciato, affidandoci al nostro futuro, alla nostra autonomia di persone, al rimpianto di un‘amicizia finita, alla “digestione” di un tradimento? Quanti distacchi ci hanno fatto precipitare in una nuova infanzia smarrita? La vecchiaia sarebbe dunque sempre e comunque una stagione di impoverimento, di perdite e di progressiva solitudine? O piuttosto come un accumulo di incontri, di esperienze e di tesori da continuare a far fruttare con gratitudine? Forse veniamo lasciati progressivamente soli per imparare finalmente a comprendere il valore di quanto abbiamo ricevuto.

Indipendentemente dall’uso di un bene, comprenderlo significa saperlo contemplare anche a distanza di sicurezza dal possesso, goderlo in una libertà al di là del tempo, al di là del bene e del male. Potrebbe essere lo stesso con le persone? Forse veniamo abbandonati proprio per poter essere addestrati alla grandezza del sentimento. Che può sopravviere comunque, facendoci sentire forti per sempre. Tutti se ne vanno, tutti restano.

 

27 gennaio 2023

 

 

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