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UN ANNO DI PAROLE

Un anno di parole. Tanto, parlare non ci costa niente. Analizzare, prevedere, ipotizzare, discutere, compatire, condividere… Tutto per non vedere e non dire l’essenziale. Mentre laggiù, dopo un anno di disperazione e di morte, le parole si saranno rivelate fin da subito per ciò che sono: rumore.

Tutti abbiamo parlato e continuiamo a parlare dell’Ucraina invasa anche e soprattutto non sapendo niente di che cosa significhino quelle fughe di profughi nelle notti gelide con quattro cose raggranellate, una coperta sulle spalle, il gatto nel trasportino, la vecchia madre sulla sedia a rotelle, l’incertezza del domani, l’angoscia di abbandonare la propria casa, il proprio paese. Tutti abbiamo parlato non sapendo niente di che cosa significhino palazzi sventrati, ragazzi mandati a morire da una parte e dall’altra, centrali nucleari sfiorate da missili cosiddetti “intelligenti”.

Tutti abbiamo parlato con l’ipocrisia di non dire. Di sorvolare sul fatto che tutte le parole restano folkloristica guarnizione di una verità accuratamente nascosta, soprattutto in quegli organismi originariamente fondati proprio sull’importanza delle parole, del dialogo. Ci siamo sfogati, questo sì. Abbiamo momentaneamente acquietato le nostre cattive coscienze, ci siamo mostrati sensibili e informati quanto basta. E poi?

Laggiù non si sta aggredendo solo un paese, ma la speranza cominciata a circolare dopo Auschwitz, Hiroshima, Nagasaki e dopo la guerra fredda, che l’umanità avrebbe presto trovato un correttivo a tanti orrori. A quanto pare non è così, e ci voleva un conflitto alle porte di casa per farci accorgere che la storia non ci ha insegnato proprio niente. Tutti gli sbagli commessi non ci permettono ancora di essere lucidi interpreti dei fatti e di raccontarli senza troppi giri di parole o ipocrisie più o meno camuffate.

La franchezza senza acrobazie diplomatiche sarebbe l’unica arma diplomatica, per l’appunto. E invece preferiamo continuare a parlare. D’altra parte, il pragmatismo di Winston Churchill ci ricorda che “in tempi di guerra la verità è così preziosa che deve sempre essere protetta da una cortina di bugie”. La prima delle quali forse è la stessa condanna della guerra. Non ci prendiamo più in giro: pubblicamente detestata, la guerra continua ad essere segretamente alimentata.  E’ questa l’unica lucida giustificazione al pretestuoso perpetuarsi dei conflitti in tutto il mondo. E alla fine, preferisco pensare l’umanità debba redimersi dalla perversione e dal cinismo di interessi economici, piuttosto che dalla stupidità di aggressioni fine a se stesse.

 

24 febbraio 2023

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