Tutti hanno notato che è una donna. Diciamo quasi tutti. I tutori dell’intellighenzia di questo paese lo hanno fatto obtorto collo e con malcelata invidia: purtroppo questo glorioso primato di civiltà appartiene ai detestati retrogradi avversari. Invece nessuno sembra avere esultato per il fatto che il nuovo premier è una donna giovane. Ora, che il rinnovamento in questo paese arrivi dalla destra reazionaria è davvero il colmo. O forse è il segno che la sinistra si è fermata a rivendicazioni di decenni fa? O che –peggio- si sia attestata su un modello di politica basata più che sull’innovazione sulla conservazione dei privilegi di casta? In effetti quello dell’età non è un primato di Giorgia Meloni: dei suoi ultimi dieci predecessori solo uno ha iniziato il suo mandato quando ancora non aveva 40 anni, Matteo Renzi, e solo uno quando ne aveva appena 47, Enrico Letta. Per il resto, in maggioranza, l’età media dei nostri ultimi capi di governo a inizio mandato è stata ampiamente sopra ai 60, per arrivare al record dei 74 di Mario Draghi.
A un paese disastrato come il nostro in questo particolare momento storico servono certo professionisti di consumata esperienza, ma anche la baldanza e la grinta non ci faranno male. Forse i detrattori del neo Presidente del Consiglio, che vedono aleggiare sulla sua testa bionda le ali nere di fantasmi del passato e che si nutrono di solidi pregiudizi, temono anche solo di pensare la parola “giovinezza” a lei riferita, sentendo riecheggiare in essa minacciosi cori di altri tempi. E d’altra parte, è possibile che i suoi sostenitori temano che all’energia e all’entusiasmo dell’età corrisponda una buona dose di ingenuità. Esempi recenti in questo senso nel panorama politico nostrano purtroppo non mancano: essere giovani (anche politicamente) non è un merito.
Una donna giovane alla guida di un paese sull’orlo di una crisi epocale, nel cuore di un continente stretto tra opposti interessi redivivi e anacronistici, che stanno portando il mondo sull’orlo di una crisi altrettanto epocale non potrà pensare di avere un percorso lineare, coerente con la chiarezza delle proprie idee e fidando solo sulla propria determinazione e sul sostegno dei suoi alleati. Perfino un mare apparentemente calmo deve fare i conti con innumerevoli correnti sottomarine spesso imprevedibili e difficilmente avvertite. Una di queste correnti da sempre trascurate “in fondo a destra” è la noncuranza circa il necessario background culturale di ogni linea politica e la leggerezza con cui vengono ignorati i pregiudizi, che sono nostalgici almeno quanto i loro bersagli, ovvero i nostalgici di passati regimi. La solida formazione popolare di Giorgia Meloni, che è la sua maggiore dote, ovvero la sua freschezza, non può farle dimenticare che, senza un solido apparato culturale capace di guardare veramente avanti, i papaveri e i soloni dell’opposizione ne faranno un bel boccone in pochi mesi. Che dimostri dunque che a destra non ci sono soltanto i figli o i nipoti degli squadristi, ma anche pensatori, artisti, filosofi, compositori e poeti, insomma gente pensante e senziente, sensibile al futuro, in grado di progettarlo, come hanno sempre fatto del resto tutte le avanguardie, anche in altre epoche, guidate non a caso da menti giovani. Dimostri che i custodi del sapere e della bellezza in un paese civile non hanno colore politico, ma che pure devono poter sostenere, con energia e lungimiranza, le scelte politiche. Si ricordi, il neo Presidente del Consiglio, che specialmente in un paese come il nostro, la cultura è e deve tornare ad essere pane quotidiano diffuso sulla mensa di tutti, non solo spocchiosa esclusiva per le tavole di pochi.
21 ottobre 2022