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UNA SORPRENDENTE EREDITA’

Zia Maria è stata una delle custodi della mia infanzia. Una delle mie tre zie, identiche alle tre fatine della Bella Addormentata nel Bosco, di Walt Disney. Fatine anche loro, industriose e dolcissime. Zia Maria era la fatina turchese, e infatti il turchese era il suo colore preferito. Mai sposata, fedele alle sorelle e al fratello nell’esclusivo nucleo della loro famiglia d’origine, se n ‘è andata una sera dell’ottobre dell’anno scorso, lo stesso giorno in cui se n’era andata mia mamma, sua cognata, dodici anni fa. Tanto materna è sempre stata zia Maria, in effetti, con me e con i suoi pro-nipoti, che la ricorderanno nel momento in cui si affacciava in finestra per salutarci, quando la lasciavamo dopo averle fatto visita. Un’usanza del Sud, una sorta di accompagnamento simbolico nel cammino della vita, anticipazione di un distacco e di una benedizione ben più definitivi. Negli ultimi anni non si affacciava più, le pesava anche muoversi in casa o prendere freddo in finestra. Ed erano diminuite anche le sue telefonate garrule e un po’ vacue, perché aveva perso l’udito, sicché piano piano smise del tutto di chiamarci, quando si accorse che ci rivolgeva tante domande per poi alla fine rispondersi da sola perché non riusciva più a sentire le nostre risposte.

Pensavo a questa maternità ziesca, così laterale e discreta, alla figura della zia in generale, un’estensione garbata – quando lo è – della genitorialità, ma più dedita alla sapiente arte del viziare i nipoti, senza l’impegno diretto e la responsabilità pesante della loro educazione quotidiana. Quante libertà mi sono presa da piccola con zia Maria, approfittando della sua profondissima bontà, abusando di lei coi miei scherzi anche quando la sera tornava stanca dal lavoro. E quanto ha lavorato, come funzionaria in un ufficio pubblico, per tantissimi anni, con quale precisione, dedizione e professionalità, ammirata e rispettata da tutti.

Ma questa non vuol essere una sua commemorazione. Semmai vuol essere una celebrazione di questo rapporto parentale così poco celebrato e appunto invece ricco di implicazioni, se è vero, per restare nell’ambito delle creazioni Disney, che i più fortunati personaggi di quei cartoni animati e di quei fumetti sono appunto zii e zie con tutto il loro corredo di nipoti e cugini (Paperone, Paperino, Paperina, Topolino, Minni…) Ci sarà una ragione per cui in quella famiglia di creature antropomorfe manchino del tutto le figure genitoriali. Viva le zie e gli zii, dunque, compagni di gioco un po’ più adulti di noi,  qualcosa in meno che genitori, qualcosa in più che fratelli.

Qualche settimana fa le zie superstiti mi avvisano di aver trovato una lettera di zia Maria dove compare il mio nome. La rapidità con cui se n’era andata, rifiutandomi anche un saluto negli ultimi giorni della malattia –oggi so che non voleva farsi vedere piuttosto mal ridotta- poteva forse essere compensata da un saluto postumo, da un pensiero per me, un piccolo testamento spirituale. Era quello che speravo di trovare, a tamponare la sensazione di una separazione roppo repentina, oltre che a placare tanti sensi di colpa.

Invece la lettera conteneva un semplice e sostanzioso lascito economico, che andava a ritoccare il testamento già depositato dal notaio a favore dei fratelli. Non me l’aspettavo. Non ci contavo; lì per lì ho pensato anche di poter teoricamente fare a meno di quella somma. E non perché disprezzi il denaro o non ne abbia bisogno,  ma per la delusione di aver atteso tutt’altro e perché tendo sempre a vedere nel denaro solo il valore che c’è scritto sulle banconote.

Poi , col passare dei giorni, il gesto  imprevisto della zia, testimoniato dalla stessa estemporaneità di quell’appunto scritto con calligrafia tremolante su un povero foglietto di carta, mi ha rivelato tutt’altro, mi ha restituito la grandezza e insieme la modestia della sua persona. Che cosa poteva lasciare un’amorosa zia a una scapestrata e spesso insofferente nipote se non parte delle fatiche della sua vita? E come si concretizza il senso di una vita se non negli anni di lavoro? E come si calcolano quegli anni di lavoro (quelle sveglie all’alba, quella pazienza con i colleghi, con i capi, quella precisione alla macchina per scrivere, quel suo amore per l’ordine, quella sua lealtà con chiunque) se non con un semplice valore scritto su delle banconote?

Ho capito che zia Maria non mi ha lasciato solo del denaro. Potrò spenderlo bene oppure sperperarlo, poco importa. Con quel gesto, zia Maria mi ha lasciato parte della sua vita. Mi ha affidato la sua vita, cioè il dono più grande, senza fine. E spero davvero di esserne degna.

 

3 febbraio 2023

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