Una volta gli artisti erano quelli che guardavano avanti. Artisti, profeti del mondo nuovo. Le famose avanguardie del novecento, le provocazioni dei futuristi, gli scandali dei fauves, il disincanto dei realisti, le crudezze di Caravaggio, gli azzardi psicologici di Giotto… Dapprima additati, guardati con sospetto, fraintesi, non capiti. E poi, nei secoli, celebrati. Spesso anche dopo la loro morte.
Ieri a Roma alla galleria Plus Arte Puls si è svolto un incontro della associazione In-Tempo, il cui presidente onorario è Ennio Calabria. Hanno parlato accademici, esperti del settore, Calabria stesso. Molti degli specialisti coinvolti hanno firmato un libro curato da Rita Pedonesi e Ida Mitrano dal titolo Arte salvaguardia dell’umano, nella collana XXI Venturo da me diretta per le edizioni Armando. Il titolo del libro è un po’ il mantra dell’associazione In-Tempo, è anche i l titolo di una serie di incontri che si succederanno nei prossimi mesi ed è stato certamente il mood dell’incontro di ieri, il cui tema era “Arte, tecnologia e nuove generazioni”. Aspettavo lumi sul presente, possibilmente sul futuro e invece no. La parola “salvaguardia” insieme a parole come “arrendersi”, “difendersi”, “resistere”, perfino “incazzarsi” sono quelle che sono state più spesso ripetute. O quelle che hanno maggiormente colpito me, contribuendo a farmi ravvedere in quella assemblea un incontro di reduci (absit iniuria verbis) spaventati del presente e ancora di più del futuro.
La tesi ritornante negli incontri di In- Tempo è che la tecnologia stia inesorabilmente rosicchiando il meglio dell’uomo e dunque la sua capacità di fare arte: per questo urge correre ai ripari. Torna il sincero grido d’allarme verso un pericolo incombente contro il quale sarebbe necessario correre alle armi, consapevoli e compatti. Nella certezza, come ripete da sempre a gran voce Ennio Calabria, che è in atto la nascita di una nuova soggettività, dovuta alla velocizzazione degli scambi. E come dargli torto? In questo allarme generalizzato gli accademici di ieri sono apparsi consolati del fatto che le nuove generazioni sembrino manifestare una specie di stanchezza verso la virtualità e un bisogno di tornare ad attività manuali, fisiche, più affini a quanto si intendeva “arte” fino a cinquanta anni fa.
Chi ha paura di Virginia Woolf? Chi ha paura delle nuove tecnologie “applicate” all’arte o impiegate da nuove generazioni di artisti? Il mio timore è che si vada confondendo il come col cosa. Al liceo mi invaghii di Terenzio e del suo “Sono un uomo e non considero a me estraneo niente che riguardi l’uomo”. Software e algoritmi non sono forse opera dell’uomo? Il fatto di non conoscere certi linguaggi è una ragione sufficiente per bandirli, ritenerli disumani? Il fatto che la tecnologia comporti continui aggiornamenti che rendono presto obsoleti dispositivi e codici del presente è un motivo sufficiente per considerarli inadatti a veicolare messaggi ed emozioni degni di resistere nel tempo quanto una tela di Raffaello e dunque escluderli dalla nostra riflessione? Quando l’uomo si accorse di poter “fare arte” non più solo sulla parete della caverna ma anche sulla tela non perse nulla, semmai guadagnò un nuovo mezzo. La tecnologia è solo la tela del terzo millennio, forse più duratura, forse invece più fragile, lo vedremo. L’ambizione dell’artista, di ogni artista in ogni tempo, è stata sempre quella di uscire dai limiti ristretti della propria esistenza, di accedere all’eternità.
Tutta la nostra vita è permeata di nuove tecnologie. Che forse sarà anche il caso ormai di smettere di definire “nuove”, anche se probabilmente resteranno tali per definizione. Il fatto di non scrivere più una lettera su carta con penna stilografica ma di preferire email o messaggi whatsapp non altera certo la sincerità del messaggio. Ne velocizza la circolazione, certo, con buona pace di Calabria, ma certo non lo limita. Potremo fare a meno oggi dell’e- mail, del navigatore satellitare, dell’home banking, dell’e-commerce etc etc ? Perché dovremmo tenere fuori da questo meraviglioso negozio di giocattoli proprio l’arte, espressione di autenticità? Forse perché è un inganno, come sottolinea sempre Calabria ? Ma basta imparare le nuove regole del gioco. Ogni gioco è un inganno e inganno fa rima con immaginazione, invocata più volte ieri come a rischio di estinzione. Forse bisogna solo provare a uscire per un attimo dall’atelier che odora di olio di lino e di acquaragia per sedersi umilmente davanti a uno schermo. Non serve chiudere l’atelier, si può aprirne un altro, imparando nuove tecniche, addestrando la mano e l’occhio a nuovi strumenti. Che sono ancora e sempre opera dell’uomo. Perché non c’è niente di umano che debba restarci estraneo.
5 novembre 2022
Rita Pedonesi
Cara Laura, comprendo il tuo punto di vista, ma credo che tu abbia frainteso quello della nostra Associazione. Non si intende demonizzare la tecnologia che riteniamo in molti casi progresso. Lo costatiamo quotidianamente nel nostro vivere. Quello che ci allarma e ci impone domande è l’ invasività tecnologica che moltiplica se stessa in un ciclo continuo non guidato eticamente, che impone il sistema consumo/profitto. Inoltre, come sai, nel caso di internet si carpiscono i nostri dati, i nostri gusti, i nostri orientamenti, utilizzati poi dalle aziende e dai grandi gruppi del web attraverso gli algoritmi predittivi che condizionano, influenzano, i nostri comportamenti.. i nostri pensieri In sostanza minacciano l’ identità umana con una nuova forma di schiavitù che ci espropria della nostra unicità, modificando i processi mentali e di conseguenza anche quelli creativi: muta in maniera inedita il nostro rapporto psicofisico con la realtà. Come non allarmarsi e porsi domande. Nell’ Incontro di ieri ho citato su questo Padre Benanti che parla di “feudalesimo digitale”. Tornando all’ arte e all’ umano, come dichiarato nel nostro manifesto e nel nostro libro, la nostra posizione intuisce e identifica con chiarezza alcuni punti fondamentali che fanno da discrimine. Crediamo pertanto sia d’ avanguardia, per niente affatto di retroguardia: salvaguardia dell’ umano
come salvaguardia dell’ unicità dell’ essere nella sua unità psicofisica e l’ arte, quando è tale, ne è misteriosa espressione! Un processo conoscitivo, generativo, capace di vedere oltre la nostra consapevolezza, di..”stravedere”proprio in quanto verità dell’ essere. Per chiudere, come ha detto Calabria non bisogna confondere il bambino con il giocattolo, e io aggiungo: non finire come burattini in mano al burattinaio. Spero ne parleremo presto dal vivo con te, Ennio e gli altri amici. Grazie. Un forte abbraccio.