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FORME D’OMBRA

Disegno di Patrizia Fiorentino

 

Il mondo è fatto di ombre. Non è il verso di una poesia, non è un assunto filosofico, è il semplice esito dell’osservazione della realtà.

Io da qualche mese studio disegno e pittura. No, il mio non è il passatempo di una signora annoiata. Studio disegno e pittura per continuare a studiare filosofia, per imparare finalmente a pensare. Poi se riuscirò anche a produrre dei buoni disegni sarò contenta, ma non è questo il mio principale obbiettivo.

La parola “idea” deriva dal verbo greco “idein” vedere. Pensare è vedere. Pensiamo in base a quanto riusciamo a vedere. E il vedere mette sempre in moto le nostre idee, buone o cattive che siano.

Purtroppo tendiamo ad essere irriconoscenti verso i nostri occhi. Non li “accendiamo” quasi più. E invece di vedere tramite essi, ci limitiamo a tenerli distrattamente e meccanicamente aperti o al massimo puntati in direzione di qualcosa. In base a quello che abbiamo visto o creduto di vedere in passato, continuiamo a credere di vedere nel presente. In pratica brancoliamo ciechi, sicuri invece di vedere benissimo.

La mia maestra, Klirò, Clizia Omarini ha tenuto due lezioni fondamentali, negli ultimi mesi: una sulla tecnica dei pastelli morbidi o crete pastello (sono in pratica polveri colorate), l’altra sul disegno delle forme d’ombra. Del disegnare con le polveri ho già scritto: l’evanescenza del disegno a pastelli è un promemoria della nostra stessa “friabilità” e finitezza. Memento homo… Siamo polvere e polvere ritorneremo. Però nel frattempo possiamo creare capolavori. Di polvere, ma pur sempre capolavori.

Il disegno delle forme d’ombra regala un’intuizione se possibile ancora più decisiva. Sì, le forme d’ombra illuminano…

Proviamo a guardare un oggetto, un paesaggio, un volto, e a disegnarlo. Automaticamente cercheremo l’aiuto di una linea, di un riferimento matematico. E se non la troviamo in ciò che osserviamo, la estraiamo dalla memoria di un libro di geometria. Qualunque cosa sarà davanti ai nostri occhi, per riprodurla sul foglio, cercheremo di catturarla dentro una linea. O in più linee. Di ingabbiarla cioè in un concetto. Anzi, in un preconcetto.

Di per sé non sarebbe sbagliato, se non che in natura non esistono linee. Le linee sono un prodotto della nostra mente. Utilissime per calcolare, costruire, ordinare, edificare, organizzare, pianificare, tracciare, combinare, perfino per educare. Fondamentali per una quantità di obbiettivi, incluso il disegnare, tranne che per riconoscere davvero la realtà per quello che è. Che è la premessa proprio per disegnare “con innocenza”.

La maestra Klirò ci insegna a guardare le forme che le ombre creano su un volto, su un oggetto. Ogni cosa non è fatta che di ombre, di campiture più o meno scure grazie alle quali l’oggetto esiste ai nostri occhi, ovvero ci si manifesta.

Epifania delle cose: tutte le cose esistono solo in quanto scolpite dalle proprie ombre.

Non vi sono che ombre intorno a noi. Ed è precisamente ed esclusivamente dallo “scalpello” della tenebra che emerge la realtà illuminata. Senza il buio, come potremmo essere confortati dalla luce? Senza il buio, non saremmo forse perennemente accecati?

Probabilmente la stessa invenzione della luce elettrica, nel darci una enorme quantità di vantaggi, ci ha deprivati della capacità di distinguere la qualità delle ombre e delle penombre, della capacità di riconoscerne le sfumature, ha in un certo senso livellato la nostra visione, tendendo a … geometrizzarla, riducendola a una dimensione binaria: ci vedo/non ci vedo.

Ma tra i due estremi c’è un’infinità di mezzetinte, tonalità, chiaroscuri… Tra la luce e il buio ci sono appunto le ombre. Malleabili, sfumate, corpose o inconsistenti, comunque presenti. Disegnare con le ombre diventa allora un’esperienza metafisica, il primo gradino della “meditazione del vedere”, attraverso il riconoscimento e l’accettazione di quella meravigliosa instabilità di tutto ciò che ci circonda. Tutto muta continuamente aspetto a seconda del nostro punto di osservazione, del tempo atmosferico, dell’ora del giorno, della nostra prospettiva psicologica… a seconda di una quantità di variabili che mescolano continuamente le carte fra ciò che si vede e ciò che resta nascosto. Tutto muta, panta rei…

L’atto del vedere ci si rivela allora come riconoscimento non tanto e non solo di ciò che si dà visibile sotto il nostro sguardo, ma soprattutto come individuazione e legittimazione di ciò che non appare, che appare come oscurità, ma che è il fondamento di tutto. Per questo dobbiamo essere grati all’oscurità che sembra celarci l’essenziale. In realtà lo sta rivelando. E’ solo ciò che resta invisibile, che ci consente davvero di vedere ciò che vediamo. (Quando arriviamo veramente a vederlo.)

Ed è alla fine anche ciò che ci mette in connessione e ci rappacifica con le nostre stesse ombre di dentro. Memento homo… Siamo polvere, e non siamo che ombra.

Perfino quando guardiamo il nostro prossimo, non facciamogli una colpa di non essere quasi mai in piena luce. E’ un suo diritto. Ognuno di noi ha i propri eloquenti chiaroscuri. E sta a noi riuscire ad apprezzarli per quello che sono: autismi, solitudini, cocciutaggini, fughe, infedeltà, rabbie, cupezze, incostanze, nevrosi, silenzi… Solo dalle penombre emergerà la verità di chi siamo e di chi amiamo.

Grazie a chi ci insegna a guardare le ombre.

 

 

24 maggio 2023

3 thoughts on “FORME D’OMBRA

  1. Valeria

    Mi unisco al ringraziamento a chi ci insegna a guardare le ombre e a chi sa raccontare e onorare tale benedizione, come te.

  2. Antonella Crocetti

    Spettacolare come sempre!!
    Riesci a trasmettere con estrema semplicità e chiarezza ciò credo ognuno di noi in cuor suo senta!! Tutti i miei complimenti

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