Per ascoltare invece di leggere:
Anni fa mi presi la briga di costruire una specie di catalogo di oggetti smarriti: oggetti desueti, usciti dall’uso quotidiano, in quanto superati dalle mode, dai gusti e in parte dalla tecnologia. Eravamo all’alba del terzo millennio e chi usava più un gettone telefonico, un giradischi o un catino di alluminio? Quale ragazza poteva immaginare che cosa fosse una camicetta “plissettata” ?
Ripensando a quel catalogo, mi rendo conto oggi che gli oggetti erano stati protagonisti di parecchi decenni della nostra storia, cioè avevano riempito le giornate e risolto i problemi di tante persone per un lungo, lunghissimo periodo. Lasciandoci anche un brivido di rimpianto.
Se dovessi compilare una lista analoga oggi, mi troverei a elencare oggetti-meteore, entrati cioè nelle nostre vite e passati in cantina o tra i rifiuti nell’arco di pochissimo tempo: audiocassette, Commodore 64, il “Sì” della Piaggio, cassette super-8 o beta o VHS, Crystal Ball, i cubi di Rubik, il Walkman, rullini fotografici, album fotografici, CD audio, lettori CD, DVD, Blue Ray, il Nokia Communicator…
E’ la storia dell’accelerazione del progresso o del consumismo spregiudicato vista dall’altra parte: dalla parte delle scorie. Che sono sempre di più, e che a stento si fanno ricordare.
Un tempo si diceva appunto oggetti smarriti. Oggi sembra più coerente parlare di avanzi di civiltà. Un lettore DVD sembra non avere più nemmeno la dignità di oggetto smarrito, gli compete semmai il titolo di oggetto superato, con un’aura di patetica comicità e di vago disprezzo analoghi a quelli che circondano la figura della signora attempata i cui abiti sanno sempre di canfora o di naftalina.
La natura non fa salti e la storia non insegna niente, men che meno la gratitudine. Il progresso infatti è ingrato: più accelera, più dimentica. La velocità dell’evoluzione tecnologica è direttamente proporzionale alla perdita di memoria. La new entry nella storia del XXI secolo è una smemoratezza irriconoscente, che corre parallela al crescente affollamento di dispositivi sempre più spregiudicati e soprattutto bramosi di continui aggiornamenti nonché famelici di dati. Risultato: il progresso ci chiede implicitamente di perdere la memoria di tutto, nonostante tutto, affidandola agli stessi oggetti da noi creati. Tanto più velocemente progrediamo, tanto più precipitosamente ci svuotiamo per fare spazio ad altro, a un di più, a un ipotetico meglio, che invece di migliorarci finisce spesso per stordirci.
Nessun elogio della nostalgia. Solo lucidità circa il cimitero di avanzi che sempre più riempirà le nostre cantine o ci indurrà a discariche ogni istante più sature, addestrandoci a un disprezzo sempre meno avvertito verso noi stessi.
Forse proprio da questo perverso destino è nata la perversione massima, quella della cancel culture. Arrivati a saturazione, è giocoforza dimenticare, anzi cancellare. Quello che non riusciamo a fare con scorie radioattive, sostanze corrosive, perossidi organici, metalli pesanti etc etc etc, possiamo farlo allegramente coi nostri ricordi, e dunque coi nostri valori, e dunque con la nostra capacità di reagire, di ribellarci, di resistere. E dunque con noi stessi.
Attenzione gente: lo svuotamento progressivo, inavvertito e indolore delle nostre identità è iniziato. Un’umanità felicemente decerebrata, oggetto smarrito di se stessa, non si accorgerà di nulla, neppure della propria fine.
25 aprile 2024