Close

TU E IO

Un’amica che viaggia spesso e volentieri mi riferisce che gli spagnoli ritengono offensive le frasi in cui si dia precedenza al pronome “io”. Per esempio: “Io e te festeggeremo insieme il Carnevale”. Secondo l’etichetta iberica la formula cortese è: “Tu ed io festeggeremo insieme il Carnevale”. Un dettaglio meno trascurabile di quanto sembri, che rivela parecchio dello spirito di un popolo.

Invece sono sempre più numerose, almeno nel nostro paese e certo anche altrove, le persone che non solo danno sempre disinvoltamente priorità al pronome “io”, ma che sembrano proprio non conoscerne altri. Una visione piuttosto limitata della grammatica e soprattutto dei rapporti sociali. Le incontri per caso, magari dopo tanto tempo, e immediatamente ti sommergono con aggiornamenti non richiesti sulle loro ultime gesta, non curandosi se ti è appena morto il gatto o se una banda di rapinatori ti ha appena saccheggiato casa. Ed è tutto un susseguirsi di frasi in prima persona singolare: io questo, io quello, io qui, io lì… etc.

Gli appassionati del pronome “io” in genere sono anche vittime di forme acute di logorrea. E di tale patologia investono invariabilmente i loro sfortunati interlocutori, esponendo a raffica se stessi, indifferenti  alle più banali esigenze della persona che hanno di fronte: se questa sta per svenire, se ha fretta, se ha voglia di ascoltare oppure no, se preferirebbe raccontare qualcosa di sé, ricevere un consiglio, chiedere un prestito, o semplicemente sentirsi interrogare sul suo stato di salute. Fiumi di egotisimo inarrestabile si riversano senza controllo sui malcapitati. A meno che questi ultimi non siano in grado di difendersi ad armi pari, con quasi altrettanto egotismo e similari fiumi di parole.  Una situazione che nei fatti però non si determinerà mai, perché è praticamente impossibile insinuarsi  nella colata lavica dell’esibizione di un egotico-logorroico, il cui ritmo di esposizione verbale è senza sosta né pause: interrompere il suo flusso torrenziale è come pretendere di passare attraverso i muri. L’egotico-logorroico in azione è la conferma dell’impenetrabilità dei corpi. Di lì non si passa.

Poi, se ad incontrarsi sono due esemplari di questa stessa “sottospecie” umana, allora si assiste al grottesco teatrino di un dialogo tra sordi. Ma tra i due fiumi che si scontrano, resta poi da capire chi avrà sommerso chi, e soprattutto che cosa rimarrà dello pseudo incontro fra due persone.

L’egotismo logorroico, al di là dei risvolti comici di certe situazioni, è certamente un tragico derivato della solitudine contemporanea. Chi parla ininterrottamente di sé o della propria visione del mondo – incapace di fermarsi-  è semplicemente uno che ha bisogno di sentire la propria voce per ricordarsi di esistere, per essere rassicurato di non essere ancora morto…  Certo, aprire il rubinetto di pensieri e ricordi dopo giorni di solitudine, foss’anche con il postino o con uno sconosciuto vu cumprà, è in parte comprensibile. Quello che personalmente non mi spiego è l’impossibilità, da parte dell’egotico -logorroico,  di far cadere anche per caso, anche per un solo secondo, lo sguardo sul volto di chi ha di fronte: possibile che non vi intraveda segni di noia, disagio, insofferenza? E possibile che tali segni, eventualmente colti, non lo turbino, non lo scalfiscano, non gli facciano rallentare il ritmo, mollare la presa?

Per questa china però siamo tutti a rischio. Dopo giorni di “onanismo da smartphone”, potremmo rimanere folgorati nell’accorgerci che sopravvivono intorno a noi altre persone in carne ed ossa come noi, e dunque potremmo essere tentati di afferrarle improvvisamente, riversando su di loro tutta le nostre frustrazioni da carenza di comunicazione, cercando così di compensare i nostri “cent’anni di solitudine”.

La parola è ancora importante, ma lo è solo in quanto scambiata e davvero condivisa. E, come in un brano musicale, anche se non ce ne accorgiamo, la cosa più importante fra una nota e l’altra, sono proprio le pause. Senza le pause la musica si avvicina al rumore. Senza il “tu”, l’ “io” è davvero un’offesa.

 

7 febbraio 2023

 

 

La canzone che segue, Voçe, è stata scritta da Roberto Menescal e Ronaldo Boscoli. Qui è struggentemente dialogata dallo Stesso Roberto Menescal e da Maria Luiza.

NB.: in portoghese Voçe significa Tu.

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *