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TU, PICCOLA SCATOLA


Tu piccola scatola, che ho tenuto stretto mentre fuggivo,
perché le tue valvole non si spaccassero,
che ho portato dalla casa alla nave e dalla nave al treno,
perché i miei nemici potessero ancora parlarmi
accanto al mio letto, alla mia pena,
l’ultima cosa la sera, la prima la mattina,
delle loro vittorie e delle mie ansie,
promettimi di non tacere all’improvviso.
(Bertolt Brecht)

Fra le tante giornate internazionali promosse dall’ONU e dall’Unesco ve ne sono di serie o quasi (la giornata dei rifugiati, quella contro le mafie o l’abuso di droghe, la giornata della memoria, della gioventù…) Altre sono davvero improbabili. Ecco alcuni esempi: la giornata dei legumi, la giornata della felicità (tutti gli altri giorni siamo autorizzati a lamentarci) , la giornata della lingua  cinese (ma pensa tu) della lingua inglese, della lingua spagnola, delle ragazze nelle tecnologie dell’informazione, la giornata del tonno (non si capisce se lo si celebra a tavola o evitando per un giorno di pescarlo), la giornata della bicicletta, la giornata degli asteroidi… In pratica ogni giorno del calendario abbiamo qualcosa o qualcuno a cui pensare. Un po’ per uno non fa male a nessuno. Se oggi penso al tonno, sono autorizzata a dimenticarmi della violenza sulle donne, se mi concentro sulla giornata dei calzini spaiati non mi addoloro troppo di aver perso un fidanzato. Eccetera.

Non so chi progetti tali amenità, non so se all’interno di questi seri organismi internazionali vi sia un dipartimento preposto a  inventare simili occasioni di ilarità, che del resto rappresentano spunti decisivi per le redazioni dei giornali quando qualche caporedattore ritiene che non ci sia nessuno spunto per un articolo serio.

Tra le tante giornate “dedicate”, un’amica mi ha ricordato che ieri, 13 febbraio si celebrava la Giornata della Radio. Io, che sono una boomer degli anni della radio, la celebro tutti i giorni, tutti i giorni dedicandole un pensiero nostalgico e insieme arrabbiato, come merita. Forse si potrebbero unificare la giornata della memoria e quella della radio, ricordando quella radio che oggi non c’è più. A volte penso che quella radio che oggi non c’è più in realtà non c’è mai stata, e che io non l’ho mai ascoltata per davvero, ma ho solo sognato di ascoltarla. Chi mi parlava, forse non erano gli autori, i conduttori, gli attori della radio ma solo la mia coscienza, il mio angelo custode o chissà chi.

Oggi la radio è tante radio, troppe. Piene per lo più di persone che ridono tra di loro. O che ti catechizzano. Oppure che ti fanno sentire ignorante pretendendo di educarti. Mi dispiace tanto di non riuscire più a trovare dentro la radio-che-è-tante-radio quella magia che ci trovavo quando ero piccola. Io ascoltavo il monumentale apparecchio dei nonni, grande quasi come un comò, da cui durante la guerra loro avevano seguito le trasmissioni di Radio Londra. Sul display di bachelite c’erano scritti i nomi di tutte le città del mondo: Bucharest, Moscow, Athina, Nuova York, Montreal, Paris… Io mi incantavo a quelle luci delle valvole che si intravedevano e le zie mi facevano credere che ogni luce era una città e che dentro quell’apparecchio correvano in avanti e indietro gli “omini della radio” a portare le notizie… Era come avere il mondo dentro una scatola.

Da grande ci sono finita davvero, in mezzo agli omini della radio, a correre avanti e indietro a portare le notizie anche io. Dentro quella piccola grande scatola mi sono innamorata , ho pianto e riso insieme a tutta l’umanità, ho dato voce a chi non ha voce. Ma forse ho solo sognato. Così come ho sognato di ascoltarla, forse ho solo sognato di esserci finita dentro.  La Giornata della Radio è passata, infatti. Era ieri, ed era cento anni fa. E io sono arrivata tardi a imparare un mestiere che non incanta più nessuno, di cui nessuno ha più bisogno. Nessuno infatti ha più bisogno di ascoltare. Peccato. Ma qualcuno se n’è accorto. Tra  le tante giornate internazionali infatti c’è anche la giornata dell’ascolto. Forse abbiamo ancora una speranza. Per un giorno almeno, ascoltiamoci. O ascoltiamo una vecchia canzone, come quella qui sotto.

 

 

14 febbraio 2023

In alto un disegno di mio padre, Gianni De Luca

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